al Ristorante La Riserva di Castel d’Appio

La bouillabaisse, conosciuta in Italia come boiabessa, è una zuppa di pesce tradizionale della Provenza, una regione del sud della Francia. Questo piatto, ricco di sapori e di storia, è un simbolo della cucina marsigliese ed è preparato con una varietà di pesci e frutti di mare, insaporiti da erbe aromatiche e spezie locali.

Bouillabaisse
Bouillabaisse proposta al Hotel Ristorante “La Riserva di Castel d’Appio

Storia e Origini

Il nome bouillabaisse deriva dall’occitano “bolhabaissa”, una combinazione di due verbi: “bolhir” (bollire) e “abaissar” (cuocere a fuoco lento). Questo riflette il processo di cottura del piatto, che prevede una prima fase di ebollizione seguita da una lenta cottura a fuoco basso. Originariamente, la bouillabaisse era una pietanza semplice preparata dai pescatori marsigliesi con i pesci di scarto invendibili, ma nel corso del tempo si è trasformata in un piatto raffinato e apprezzato in tutto il mondo.

La Bouillabaisse alla Marsigliese

La ricetta tradizionale della bouillabaisse prevede l’uso di almeno quattro pesci fondamentali: scorfano, triglia, grongo e gallinella. Tuttavia, possono essere aggiunti altri pesci come dentice, rombo, cefalo, e invertebrati come mitili e granchi.

La preparazione inizia con una base di pomodori, olio extravergine di oliva, aglio, cipolla ed erbe aromatiche.

I pesci, puliti e tagliati, vengono aggiunti al brodo che, una volta cotto, viene filtrato e riutilizzato per insaporire ulteriormente il piatto. La bouillabaisse viene servita accompagnata dalla “rouille”, una salsa cremosa a base di pane, fumetto di pesce, aglio, tuorlo d’uovo, olio di oliva, zafferano e peperoncino.

La Bouillabaisse al Ristorante La Riserva di Castel d’Appio

Al Ristorante La Riserva di Castel d’Appio a Ventimiglia, la bouillabaisse è una specialità che viene proposta da oltre 70 anni. Questo piatto iconico rappresenta quindi non solo una tradizione culinaria, ma anche una connessione culturale tra la Provenza e la Liguria. La nostra versione della bouillabaisse prevede l’uso di scorfano, gallinella di mare, rana pescatrice, scampi e mazzancolle, quindi esclusi i pesci azzurri che non si adattano alle lunghe cotture.

La Nostra Ricetta

Per preparare la nostra bouillabaisse, seguiamo una metodologia tradizionale con attenzione ai dettagli per garantire un sapore autentico e indimenticabile:

  1. Ingredienti Principali: Scorfano, gallinella di mare, rana pescatrice, scampi, mazzancolle, pomodori pelati, olio extravergine di oliva, aglio, cipolla, erbe aromatiche.
  2. Preparazione del Brodo: In una grande pentola, soffriggiamo cipolla, aglio e pomodori pelati con olio d’oliva. Aggiungiamo i pesci puliti e tagliati, coprendo il tutto con acqua calda. Portiamo a ebollizione e poi riduciamo il fuoco, lasciando cuocere lentamente.
  3. Filtraggio e Seconda Cottura: Il brodo viene filtrato e rimesso in pentola con i pesci per una seconda cottura, esaltando i sapori.
  4. Servizio: La bouillabaisse viene servita calda con crostini di pane tostato e una generosa dose di rouille.

Conclusione

La bouillabaisse del Ristorante La Riserva di Castel d’Appio rappresenta un connubio perfetto tra tradizione e innovazione culinaria. È un piatto infatti che racconta la storia del mare e dei pescatori, e che porta in tavola i sapori autentici della Provenza e della Liguria. Vi invitiamo a provare questa prelibatezza che da oltre sette decenni delizia i nostri ospiti, portando un pezzo di Marsiglia nel cuore di Ventimiglia. Buon appetito!

LEGGI TUTTO


Altri piatti consigliati: Cocktail di GamberiGamberi di Sanremo –– torna alle NEWS


Read More

Un Tesoro del Ponente Ligure Apprezzato dagli Chef

U Ghìnbařu

L’Aristeus antennatus, nome comune gambero viola, è un crostaceo decapode appartenente alla famiglia Aristeidae.

…tra le specialità del Ristorante La Riserva di Castel d’Appio

Fin dal dopoguerra, pochi pescatori professionisti si dedicavano alla pesca del gambero di Sanremo per soddisfare le richieste di ristoratori d’elite che lo offrivano a clienti dal gusto raffinato.

Erano soprattutto i ristoranti dell’estremo Ponente Ligure e della Costa Azzurra a proporre questa prelibatezza, rigorosamente pescata lungo la costa locale, poiché essa si adagiava a oltre duecento metri di profondità a poche miglia dalla costa. Non era una pesca facile con le semplici imbarcazioni a remi, ma sicuramente remunerativa.

Negli anni Ottanta, le flotte pescherecce di Oneglia e Sanremo hanno iniziato a prestare maggiore attenzione a questo settore., garantendo un costante rifornimento di gamberi di Sanremo alle tavole dei ristoranti di Ventimiglia e della Riviera dei fiori fino a renderli celebri in tutto il territorio.

Aneddoti sul Gambero di Sanremo:

Paolo Conte lo conferma nella sua canzone “Genova per noi“: “…In un’immobile campagna / con la pioggia che ci bagna e / i gamberoni rossi sono un sogno / e il sole è un lampo / giallo al parabrise…”.

Al Ristorante

I ristoranti della Riviera, per evidenziare la freschezza del prodotto, lo denominavano “Gambero di Oneglia o di Sanremo” a seconda del porto di provenienza dell’imbarcazione fornitrice. Così, Ventimiglia, spesso luogo d’origine del prodotto, perdeva la paternità dei suoi gamberi. Negli anni Cinquanta, infatti, a Ventimiglia rimase solo la flotta di barche a remi dei pescatori amatoriali. Essi continuarono il loro hobby anche senza il porto; nel frattempo, i professionisti si stabilirono a Bordighera e Sanremo, fino all’abbandono completo.

Poi, il 21 marzo 2015, in segreto, i governanti di Italia e Francia ridefinirono i confini territoriali delle acque al largo di Ventimiglia e Mentone. Restringendo i confini italiani a favore dei francesi, assegnarono loro la ricca di pesci “Fossa del Cimitero” e l’altrettanto importante “Canale di Sant’Antonio”, nelle acque ventimigliesi, proprio un luogo di riproduzione dei gamberi.

ACCORDO ITALO-FRANCESE DI CAEN

Successivamente, su questi due siti, una motovedetta doganale francese sequestrò un ignaro peschereccio sanremasco, accusandolo di pescare oltre confine. Questo incidente, contribuì a ridefinire la mappa dei luoghi di pesca dei gamberi, risvegliando sacrosanti campanilismi.

Nell’autunno del 2017, l’Amministrazione Comunale di Ventimiglia ha concesso la DE.CO. al “Ghinbaru russu pescau int’u Canà de Sant’Antoniu“. La particolare qualità di questi gamberi si esalta nei mesi caldi quando le femmine assumono una colorazione azzurro violacea nell’addome, dovuta alla presenza del “Caviale di gambero“, cioè le delicatissime uova.

Pesca del Gambero di Sanremo

Basterebbero le parole di Bottura per capire quanto il gambero sanremese sia un’eccellenza unica nel suo genere. Un prodotto estremamente locale che, a tavola, è capace di emozionare. La pesca del gambero rosso sanremese risale ai primi del 1900 e nel 2008 il Comune e la Regione Liguria hanno avviato l’iter per il riconoscimento del marchio IGP, ottenuto pochi mesi dopo. Un marchio di certificazione che garantisce la tracciabilità del prodotto, valorizzando il lavoro dei pescatori e dando valore aggiunto alla materia prima. Il gambero ha anche ottenuto la Denominazione Comunale di Origine (DE.CO).

I pescherecci si spingono anche a 10 chilometri dalla costa, dove i gamberi vengono raccolti tra i 500 e i 700 metri di profondità. Essi si trovano nelle cosiddette fossate, una sorta di “buche” in cui i crostacei scendono per nutrirsi. Qui vengono calate delle reti, chiamate “a strascico” trainate dalle barche in movimento lento, che raccolgono gamberi e anche qualche pesce. Anche se apparentemente potrebbe non sembrare, quella del gambero rappresenta una tipologia di pesca “sostenibile”. A quella profondità sui fondali non è presente flora marina ma essenzialmente fango, per questo la raccolta a strascico non comporta un impatto negativo sull’ambiente subacqueo. E’ il momento più atteso, quello in cui i pescatori scoprono se la raccolta è stata proficua.

Dopo la pesca, i prodotti vengono immessi immediatamente sul mercato, appena i pescherecci toccano nuovamente terra. Questo permette di mantenere intatte le proprietà nutritive e il sapore tipico del gambero. Il prezzo varia a seconda della grandezza del crostaceo: gli esemplari più grandi, con un maggior quantitativo di carne, hanno un costo più elevato.

Come cucinare i Gamberi di Sanremo:

L’hotel Ristorante La Riserva di Castel d’Appio propone i Gamberi rossi di Sanremo a crudo con olio e limone oppure su favolose insalate e su primi piatti gourmet

Gambero rosso di Sanremo De.Co

La denominazione comunale “Gambero rosso di Sanremo” è attribuita alle specie Aristeus antennatus e Aristeomorpha foliacea, conosciute in italiano rispettivamente come Gambero viola e Gambero rosso. Tuttavia, nella tradizione della pesca ligure, queste specie sono comunemente chiamate Gamberi o Gamberoni rossi. Questa denominazione deriva dal fatto che, quando furono scoperte nella prima metà del Novecento, venivano pescate insieme in quantità simili.

Leggi tutto: La Bouillabaisse: Tradizione Marsigliese

Altri piatti consigliati: : La BouillabaisseCocktail di Gamberi — torna alle NEWS

Esplorando la Storia e la Bellezza del Castel d’Appio

Nascosto tra le pieghe dei monti liguri, il Castel d’Appio si erge come una testimonianza vivente della storia millenaria che ha plasmato questa terra. E sebbene oggi le sue mura possano celare misteri e segreti, è impossibile non rimanere affascinati dalla sua maestosità e dalla sua storia intrisa di epiche gesta e antiche tradizioni.

Situato nei pressi dell’Hotel RistoranteLa Riserva di Castel d’Appio” con il quale condivide il panorama unico a 360°

Le sue origini

Il Castel d’Appio trae le sue origini da tempi lontani. Quando la Repubblica di Genova, nel XII secolo, decise di erigerlo come baluardo difensivo poco dopo la sua conquista di Ventimiglia. Le prime tracce documentate risalgono addirittura al 1140. Quando le maestranze dell’epoca lavoravano intensamente per dar vita a questa imponente struttura che avrebbe protetto i confini genovesi.

Ma è nel corso dei secoli che il castello ha vissuto i momenti più intensi della sua storia. Durante la guerra di successione austriaca nel XVIII secolo, il Castel d’Appio di Ventimiglia fu teatro di scontri e strategie militari, con le truppe austro-sarde che riuscirono a prendere il sopravvento sulle forze franco-genovesi. Consolidando così la sua importanza strategica nella regione.

Il suo nuovo destino del Castel d’Appio

Tuttavia, è nel corso del tempo che il destino del castello ha preso strade diverse. Dopo periodi di abbandono e trascuratezza, il Castel d’Appio fu messo in vendita, l’amministrazione comunale decise di non far valere la propria priorità d’acquisto lasciandosi sfuggire l’occasione e da qui fu venduto ad un privato. La fortezza ha conosciuto un periodo di tentativo di rinascita grazie all’entusiasmo dell’architetto olandese Eldert Ovèrse. L’acquisto, portò con sé l’ambizioso progetto di trasformare il castello in un polo culturale, un luogo in cui l’arte potesse esprimersi in tutte le sue forme.

L’idea di Ovèrse era quella di restaurare le due torri e creare al loro interno uno spazio multifunzionale. Adatto ad ospitare mostre, concerti, opere teatrali e ogni altra forma di manifestazione artistica. Tuttavia, nonostante le nobili intenzioni, il destino ha preso una piega diversa. Trasformando la fortezza in un luogo chiuso e privato ora non più aperto al pubblico.

Ma nonostante ciò, il Castel d’Appio rimane una testimonianza tangibile del passato glorioso di questa regione. Le sue mura, pur non potendo più raccontare le gesta dei valorosi guerrieri che le difendevano, continuano a scrutare l’orizzonte, osservando il passare del tempo con dignità e fierezza.

Oggi, anche se non più visitabile, il Castel d’Appio continua a esercitare un fascino irresistibile su chiunque posasse lo sguardo su di esso. Le sue torri maestose e le sue mura imponenti sono un richiamo per coloro che desiderano immergersi nella storia e nella bellezza di questa terra affascinante e misteriosa. Che sia visto come un simbolo di passato glorioso o come una dimora di quiete e serenità. Il Castel d’Appio rimarrà per sempre un punto di riferimento nella storia e nell’immaginario collettivo di questa regione.

CONTINUA